Editoriale
Testa calda
La notizia è di qualche settimana fa: la secca del Tevere, meno drammatica di quella del Po e tuttavia rilevante, ha fatto riemergere i pochi resti di quello che viene comunemente chiamato il Ponte Neroniano. Si tratta delle fondamenta di uno dei quattro piloni della struttura che, in età romana, attraversava il fiume pochi metri a valle dell’attuale Ponte Vittorio Emanuele II (per i non Romani: il ponte che dal centro storico conduce al rione Borgo e alla basilica di S. Pietro) con un’angolazione spostata di qualche grado più a sud rispetto a quest’ultimo. L’evento non è cosa rara, i lettori possono rendersene conto facilmente recandosi di persona «sul luogo» con Google Maps.
Nell’Ottocento, prima di essere rimossi per favorire il passaggio delle barche che risalivano il Tevere, i piloni emergevano ancora al di sopra della superficie dell’acqua. Il particolare della Nuova Topografia di Roma, di Giovan Battista Nolli (1748), riprodotto in questa pagina, raffigura tre di essi, bene in vista.
Non abbiamo certezza circa l’effettiva paternità del ponte, alcuni lo attribuiscono allo zio materno di Nerone, Caligola. Fu quest’ultimo, infatti, a iniziare la costruzione del grande circo situato sulla riva destra del Tevere, più o meno in corrispondenza della basilica di S. Pietro che oggi ne ricopre le antiche vestigia. Rinominato circo di Nerone, fu qui che l’imperatore fece uccidere i cristiani accusati di aver appiccato il celebre incendio di Roma del luglio 64. È probabile che i Romani attraversassero proprio il nostro ponte per raggiungere il circo.
Ponte «di Nerone», circo «di Nerone», incendio «di Nerone»: poco importa che il primo fosse anche il vecchio Pons Triumphalis (vi passava l’omonima via) o Pons Vaticanus (perché collegava la riva sinistra del Tevere con l’omonimo ager); che il secondo fosse stato voluto da Caligola; e che il terzo fosse stato (Continua la lettura sul numero di Archeo in edicola o abbonati!!)
Andreas M. Steiner
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Testa calda
di Andreas M. Steiner
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di Giampiero Galasso
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Duecento anni fa…
di Luciano Calenda
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di Marina Mattei, con un contributo di Alessandra Morelli e un reportage fotografico di Araldo De Luca
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Una comunità di frontiera
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