Editoriale
Di leoni e altre storie
«Abbiamo subito pensato a una nuova Sfinge, come quella scoperta nel 2012, ma poi la sorpresa è stata ancora maggiore. Dopo una prima pulitura è emersa la vera identità della scultura: non di una Sfinge si trattava, bensí di un leone alato e… ruggente!». Carlo Casi, direttore scientifico della Fondazione Vulci,
non ci nasconde il suo entusiasmo: il leone (nella foto), rinvenuto lo scorso luglio nella necropoli dell’Osteria, la vasta area cimiteriale a nord-ovest del pianoro un tempo occupato dalla grande città etrusca, è solo l’ultimo di una lunga serie. In passato, oltre alla famosa Sfinge (vedi «Archeo» n. 325, marzo 2012; anche on line su issuu.com), quell’area aveva anche restituito altre importanti testimonianze funerarie, come la cosiddetta Tomba delle Mani d’Argento.
«Il leone alato – spiega ancora Casi – è una testimonianza significativa e particolarmente raffinata della produzione artistica vulcente del VI secolo a.C. In quel periodo, le botteghe di Vulci scolpirono sfingi, leoni, pantere, arieti, centauri e mostri marini. Poste all’ingresso delle tombe, sorvegliavano sulla quiete eterna dei defunti». Di Vulci – di quando la metropoli etrusca doveva ancora nascere – Casi ci parla anche alle pagine 48-55.
Dall’Etruria, il «periplo archeologico» che proponiamo in questo numero ci conduce in Grecia, dove Flavio Russo ci rivela le tracce di una delle piú straordinarie imprese ingegneristiche dell’antichità. Attraverseremo il Mar Egeo, per approdare sulla costa dell’Asia Minore, all’altezza di Bodrum, l’antica Alicarnasso. Da qui ci inerpicheremo, guidati da Fabrizio Polacco e dal ricordo di miti antichissimi, lungo percorsi nascosti ed esplorati in…
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Andreas M. Steiner