Archeo Monografie n. 31 – Aprile/Maggio 2019
Sin dall’antichità i Fenici suscitarono ammirazione incondizionata o malcelato disprezzo. Un’immagine ambigua, quella che abbiamo ereditato dai classici, all’origine dello stereotipo del commerciante subdolo e senza scrupoli, al contempo navigatore cosmopolita e portatore – insieme a beni di lusso – di conoscenza e cultura. L’ambivalenza del fenomeno «Fenici» è ben presente già negli autori greci: durante le gare celebrate in occasione del funerale di Patroclo, è lo stesso Achille a esaltare la magnificenza di un premio molto speciale, «un cratere d’argento sbalzato, che sei misure teneva e per bellezza vinceva ogni altro su tutta la terra e molto, perché l’avevano fatto con arte gli esperti Sidonii; genti fenicie l’avevan portato sul mare nebbioso» (Iliade XXIII 740); Sidones polydaidaloi – Sidoni dai molteplici talenti artistici – li chiama Omero. Fenici della città di Sidone, come lo era quella donna «grande e bella, esperta d’opere d’arte» che aveva rapito il piccolo Eumeo, il fido porcaio di Ulisse: «Un giorno Fenici vennero, navigatori famosi, furfanti, cianfrusaglie infinite sulla nave nera portando» (Odissea XV 415). Un’immagine «politicamente… (continua la lettura sul numero di Archeo Monografie, richiedi il numero arretrato o abbonati!)
Andreas M. Steiner